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    Iva Berasi - articoli, lettere e interviste dalla stampa
          
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Trento, 23 luglio 2013
«Quote rosa, ecco perchÉ oggi servono piÙ che mai»
Iva Berasi: i Verdi sono rimasti gli unici ad applicare la parità di genere.
Non possiamo aspettare che la cultura cambi

dal Trentino di martedì 23 luglio 2013

In consiglio comunale ci è entrata per la prima volta 26 anni fa, quando il sindaco era Lorenzo Dellai, e venne rieletta anche nel 1990, divenendo assessore per due volte. In Provincia ha fatto due legislature, dal 1998 al 2008 (con Dellai presidente), in entrambi i casi nominata assessore. All'epoca, delle quote rosa si iniziava appena a parlare. Ma lei, Iva Berasi, oggi direttrice dell'Accademia della montagna, ritiene doverosa un'iniziativa di legge che sancisca un pari numero di uomini e donne non sono nella composizione del consiglio provinciale, ma anche nelle liste stesse, oltre che in ogni settore della rappresentanza politica.

Dunque lei condivide il principio che le donne debbano entrare in consiglio “per legge”.
Allo stesso modo in cui ho condiviso la proposta delle “quote rosa”: finché non c'è una cultura per la quale la parità di genere sia la normalità, c'è bisogno di azioni quasi coercitive per accelerare questo processo di modificazione culturale. Sono sistemi che possono non piacere, e infatti a molte donne non piacciono, ma non possiamo attendere che la cultura comune cambi per vedere rispettata la parità tra uomini e donne.

Scusi, ma nessuno allo stato attuale si sogna di porre limitazioni. Se le donne votassero se stesse, per fare un esempio banale, avrebbero subito la maggioranza in consiglio. Non trova la proposta di liste composte al 50% da donne, con i nomi alternati rispetto ai candidati maschi, un'ingerenza poco democratica?
Un paio di anni fa mi è capitato di leggere uno studio compiuto sul gap che esiste tra Italia ed Europa del nord in fatto di parità di genere. Secondo questa relazione, basata su elementi oggettivi, ci vorrebbero almeno cento anni perché ci allineassimo ai valori odierni del Nord Europa, che nel frattempo sarebbero comunque più avanzati. Con questo ritmo bisognerebbe aspettare almeno un secolo perché le cose cambino davvero in Italia e in Trentino. Un periodo troppo lungo per lasciare che tutto segua il proprio percorso naturale. Mi pare evidente che oggi bisogna adoperarsi con strumenti nuovi per cambiare la mentalità della gente.

Cosa la stupisce in questo dibattito sulla legge che vuole istituire una parità effettiva tra uomini e donne, perlomeno nell'ambito della rappresentanza politica?
Mi stupisce che le donne non abbiano questa stessa consapevolezza, che nemmeno sentano questa necessità. Che pensino tutt'ora, con ingenuità, che “se sei brava vieni eletta”. Ecco perché la legge serve. Ma in realtà servirebbero concrete azioni più educativa, insegnare l'uguaglianza fra generi fin dalle scuole, in modo che l'atteggiamento di parità tra i sessi diventi un patrimonio di ognuno, in ogni campo, a partire dal lavoro. Oggi mi pare che questa coscienza manchi, soprattutto tra i giovani. Per questo bisogna agire anche sull'educazione.

Ritiene i giovani più retrogradi sulla parità di genere rispetto alle generazioni più anziane?
Noto che spesso tra i giovani, e lo si scopre leggendo sulle cronache, si verificano atti di violenza molto gravi in cui le donne sono le vittime. E' una situazione difficile, e non se ne esce fino a che non cambierà la mentalità della gente. Se con una legge si dà uguale rappresentanza ai generi, può essere una forzatura necessaria.

Ma lei è stata due volte in consiglio comunale, per due volte in Provincia con l'incarico di assessore non ha mai avuto bisogno dell' “aiutino”. Allora la legge per favorire la presenza delle donne in politica non c'era. Perché adesso serve, secondo lei?
Innanzi tutto, io sono sempre stata nei Verdi e il partito, per una sua disciplina interna, ha sempre applicato queste regole: uomini e donne alternati in lista, con il 50% di donne sul totale dei candidati. Per i Verdi questa è una prassi consolidata, “normale” per noi, ma siamo rimasti gli unici ad applicarla. Noi donne che siamo entrate nei comuni e nella Provincia siamo la dimostrazione che è possibile cambiare. Ricordo che a Trento finimmo in una giunta composta da 5 assessori donna e un solo maschio. Fu un'eccezione, ma oggi possiamo vedere come l'Africa, non più solo l'Europa del nord, dia lezioni all'Italia in questa direzione, riconoscendo la forza e la capacità delle donne, che non sono mai state coinvolte in scandali e hanno dato dimostrazione di saper essere ottimi amministratori del bene pubblico.

 

 

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